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Alberi di bronzo : piante in bronzo e in metalli preziosi nell'antica Grecia
Ouvrage
Appartient aux collections: Documenti e Studi, Università di Bari, Bari, 1983-, 1720-4984
Publication: Bari : Edipuglia, 2014 Collection : Documenti e Studi; 59ISBN: 9788872287439.Langue: ItalienPays: Italie Auteur principal: Castodi, Marina Dewey: 938.Résumé: La ricerca sviluppata in questo volume, relativa alle sculture di piante e frutti realizzate in bronzo e in altri metalli preziosi nell’antica Grecia, è stata impostata guardando agli specifici approfondimenti che la stessa classe di materiali richiedeva. Gli studi, della metà dell’Ottocento e quelli della fine degli anni Venti del Novecento, si erano occupati di questo argomento non in maniera monografica ma solo agganciando i manufatti ai loro monumenti di riferimento. Ne è scaturito un percorso di analisi archeologica e insieme di confronto con le fonti antiche che ha consentito di tracciare valutazioni antropologiche, legate al culto religioso. Il confronto viene stabilito tra la cultura greca e quella del Vicino Oriente, con la Magna Grecia e il mondo italico. L’aver attinto complessivamente a queste fonti ha consentito di ricostruire alcuni aspetti legati all’utilizzo di questi manufatti poiché una ricerca che si fosse basata esclusivamente sui dati della cultura materiale si sarebbe prospettata circoscritta dal punto di vista quantitativo: pochi sono infatti gli esemplari scampati al degrado o alla rifusione, utile quest’ultima per ottenere nuove forme o semplicemente per riutilizzare il metallo prezioso. Nel primo dei quattro capitoli l’autrice esamina le offerte vegetali attestate nelle aree santuariali e votive che sono note, dal punto di vista archeologico, attraverso i modelli in terracotta piuttosto che attraverso i modelli realizzati con metalli preziosi. Questi “anathemata di valore” (rose in oro e in argento, peonie di oro o bronzo dorato, fichi di bronzo, mele e melagrane) sono menzionati negli inventari e nelle cronache che citano i grandi santuari greci. Tra le offerte rese durevoli grazie all’utilizzo dell’oro vengono ricordate la “messe” di Metaponto e il sedano di Selinunte, donate nel temenos di Delfi, analizzate non solo dal punto di vista tipologico ma anche da quello topografico-contestuale e alle tecniche di realizzazione (fusione, lamine lavorate a sbalzo, lega saldante, ecc.). Nel capitolo successivo sono presi in considerazione anche gli alberi di metallo. Tra le palme in bronzo, considerate simbolo di armonia, bellezza, fertilità e di esoticità – che rimandavano a paesaggi del Vicino Oriente e dell’Africa – vengono ricordate quelle di Cipselo e dell’Eurimedonte a Delfi e quella di Nicia a Delo, donate da città e da personaggi del mondo politico per i grandi santuari panellenici. Più rari e caratterizzati da dimensioni minori sono gli alberi in oro: ulivi, vite ed edera. Sempre realizzati in oro, e trattati a parte nel terzo capitolo, sono i rami intesi come offerte votive legate al mondo funerario con un rimando all’episodio citato nell’Eneide, dove la Sibilla cumana consiglia ad Enea di cogliere un ramus aureus in modo da poterlo offrire a Proserpina per discendere nell’Ade. Il rimando alla simbologia delle piante è fortemente connaturato nel caso del mirto rinvenuto ad Atene, all’olivo e alle spighe rinvenute in tombe di siti che gravitano sul Mar Nero. Il volume si chiude con l’analisi di piante in metallo realizzate in antico per fungere da elementi di arredo: il portalucerne del tempio di Apollo Ismenio a Tebe, la palma dell’Eretteo collegata ad una lampada d’oro, l’ornamento dell’Ephaisteion e la vite ornamentale che sovrastava il letto del re di Persia, datata al VI sec. a.C. e attribuita a Theodoros di Samo. (source : éditeur). Item type: Ouvrage

Bibliogr. p. 103-124

La ricerca sviluppata in questo volume, relativa alle sculture di piante e frutti realizzate in bronzo e in altri metalli preziosi nell’antica Grecia, è stata impostata guardando agli specifici approfondimenti che la stessa classe di materiali richiedeva. Gli studi, della metà dell’Ottocento e quelli della fine degli anni Venti del Novecento, si erano occupati di questo argomento non in maniera monografica ma solo agganciando i manufatti ai loro monumenti di riferimento. Ne è scaturito un percorso di analisi archeologica e insieme di confronto con le fonti antiche che ha consentito di tracciare valutazioni antropologiche, legate al culto religioso. Il confronto viene stabilito tra la cultura greca e quella del Vicino Oriente, con la Magna Grecia e il mondo italico. L’aver attinto complessivamente a queste fonti ha consentito di ricostruire alcuni aspetti legati all’utilizzo di questi manufatti poiché una ricerca che si fosse basata esclusivamente sui dati della cultura materiale si sarebbe prospettata circoscritta dal punto di vista quantitativo: pochi sono infatti gli esemplari scampati al degrado o alla rifusione, utile quest’ultima per ottenere nuove forme o semplicemente per riutilizzare il metallo prezioso.
Nel primo dei quattro capitoli l’autrice esamina le offerte vegetali attestate nelle aree santuariali e votive che sono note, dal punto di vista archeologico, attraverso i modelli in terracotta piuttosto che attraverso i modelli realizzati con metalli preziosi. Questi “anathemata di valore” (rose in oro e in argento, peonie di oro o bronzo dorato, fichi di bronzo, mele e melagrane) sono menzionati negli inventari e nelle cronache che citano i grandi santuari greci. Tra le offerte rese durevoli grazie all’utilizzo dell’oro vengono ricordate la “messe” di Metaponto e il sedano di Selinunte, donate nel temenos di Delfi, analizzate non solo dal punto di vista tipologico ma anche da quello topografico-contestuale e alle tecniche di realizzazione (fusione, lamine lavorate a sbalzo, lega saldante, ecc.).
Nel capitolo successivo sono presi in considerazione anche gli alberi di metallo. Tra le palme in bronzo, considerate simbolo di armonia, bellezza, fertilità e di esoticità – che rimandavano a paesaggi del Vicino Oriente e dell’Africa – vengono ricordate quelle di Cipselo e dell’Eurimedonte a Delfi e quella di Nicia a Delo, donate da città e da personaggi del mondo politico per i grandi santuari panellenici. Più rari e caratterizzati da dimensioni minori sono gli alberi in oro: ulivi, vite ed edera.
Sempre realizzati in oro, e trattati a parte nel terzo capitolo, sono i rami intesi come offerte votive legate al mondo funerario con un rimando all’episodio citato nell’Eneide, dove la Sibilla cumana consiglia ad Enea di cogliere un ramus aureus in modo da poterlo offrire a Proserpina per discendere nell’Ade. Il rimando alla simbologia delle piante è fortemente connaturato nel caso del mirto rinvenuto ad Atene, all’olivo e alle spighe rinvenute in tombe di siti che gravitano sul Mar Nero.
Il volume si chiude con l’analisi di piante in metallo realizzate in antico per fungere da elementi di arredo: il portalucerne del tempio di Apollo Ismenio a Tebe, la palma dell’Eretteo collegata ad una lampada d’oro, l’ornamento dell’Ephaisteion e la vite ornamentale che sovrastava il letto del re di Persia, datata al VI sec. a.C. e attribuita a Theodoros di Samo. (source : éditeur)

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